Covid-19. Il ruolo dell’alimentazione nell’ansia e nella depressione *
di Angela CALENDINO *
IN QUESTO periodo di forte incertezza, in cui siamo bombardati da continue notizie sulla pandemia in atto e in cui abbiamo dovuto cambiare il nostro stile di vita, non è difficile immaginare che ansia, depressione, tristezza e sconforto accompagnino i nostri giorni. Valutare l’impatto psicologico di questa situazione non è semplice, sono in gioco molti fattori che possono compromettere la salute mentale. Esiste una minaccia concreta, di malattia, che di per sé spaventa ed è fonte di ansia. Ci sono poi tutte le conseguenze delle misure che sono state adottate per il contenimento del virus. L’isolamento, la distanza sociale, l’alterazione delle abitudini quotidiane e del ritmo lavorativo possono essere destabilizzanti. L’interruzione momentanea o la perdita del lavoro sono fattori di rischio per ansia, depressione e autolesionismo e la quarantena può portare a irritabilità e insonnia. Come se non bastasse, il bombardamento mediatico non aiuta. La sovrabbondanza di informazioni false, inaccurate, contraddittorie tra loro, aumenta l’incertezza e la tensione. L’ansia si riversa inevitabilmente anche sulle nostre abitudini alimentari, infatti, esiste una forte correlazione tra ansia e alimentazione in quanto, spesso, la ricerca di cibo gratificante è correlata alla necessità di incrementare i livelli di serotonina, ma col tempo questo tipo di cibi impatta negativamente sul nostro apparato digerente. Gli aspetti emozionali sono fortemente correlati alle funzioni intestinali e la risposta agli agenti stressogeni può portare a una condizione di disbiosi intestinale che tende a ridurre l’assorbimento del triptofano, amminoacido essenziale che, essendo il precursore della serotonina, ne riduce la sua sintesi favorendo un amento dello stato ansioso.
Esiste inoltre una forte correlazione tra ansia e il modo di alimentarsi. Molte persone riducono o rifiutano il loro cibo abituale sentendo talvolta addirittura l’incapacità di far arrivare qualche boccone nello stomaco; altri vanno a ricercare cibi di gratificazione (comfort food), spesso ricchi di carboidrati e grassi avendo sperimentato che possiedono un effetto calmante proprio sul sintomo ansioso; altri ancora mangiano di più in generale, identificando, forse, nel cibo, una sorta di supporto energetico. La ricerca di cibo gratificante come dolci, biscotti, bibite zuccherate, cioccolata è correlata alla necessità di incrementare i livelli di serotonina e il nostro cervello, senza che ce ne rendiamo conto, ci indica dove possiamo trovarne i precursori. Succede però che, in tempi più o meno brevi, questo tipo di cibi impatti sul nostro apparato digerente creando disagi digestivi o gonfiori a stomaco e addome fino a problemi di reflusso gastroesofageo, bruciori o sindrome dell’intestino irritabile in grado, a loro volta, di creare un circolo vizioso di aumento di ansia stress. Inoltre i cibi caratterizzati da una forte presenza di zuccheri semplici e con elevato Indice Glicemico porta a forti oscillazioni della glicemia con conseguenti ripercussioni sull’energia a disposizione per tutte le cellule dell’organismo e in particolare quelle del sistema nervoso centrale. Un eventuale aumento di peso conseguente alimenta, poi, il circuito ansia-stress. E’ possibile comunque, che anche il contrario sia possibile e cioè che ansia e depressione condizionino il nostro modo di alimentarci, infatti, ansia e depressione sono in grado di alterare le soglie gustative di zuccheri e grassi e le scelte alimentari. Uno studio di 10 anni fa in Francia ha mostrato come la depressione possa aumentare il rischio di comportamenti alimentari negativi. Quindi, come possiamo aiutarci con l’alimentazione per migliorare la situazione di ansia o di stress? I pasti che facciamo devono comprendere sia i carboidrati che le proteine perché in questo modo ci assicuriamo un corretto assorbimento del triptofano che, come detto, è l’amminoacido precursore della serotonina.
Le diete con scarsi contenuti di grassi sono associate a stati di ansia e depressione, in quanto i grassi sono necessari per il corretto assorbimento di vitamine e minerali. Numerosi studi hanno evidenziato l’importanza degli acidi grassi polinsaturiomega3per ridurre il rischio che si instaurino patologie nervose e mentali.
Nei Paesi in cui viene fatto un maggiore consumo di pesce, infatti, i disturbi dell’umore sono meno frequenti, e si ritiene che gli acidi grassi polinsaturi siano in grado di stabilizzare l’umore e migliorare la funzione cognitiva. I cibi che possono aiutare a combattere questo stato d’ansia sono: cibi ricchi di omega 3 come il salmone, le acciughe, il tonno e le sardine, noci, semi di zucca e semi di lino che sono altrettanto ricchi di omega 3 che non solo aiutano a superare lo stato di ansia e depressione, ma aiutano anche a regolarizzare i livelli di colesterolo e riducono il rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre, la maggior parte degli studi disponibili ha mostrato una minore incidenza di depressione nei soggetti che seguono un’alimentazione con abbondanza di verdure, frutta, cereali, noci, semi e legumi, e moderate quantità di latticini, uova e pesce e grassi insaturi, come ad esempio la Dieta Mediterranea. Al contrario, un modello alimentare “occidentale”, ricco di cibi dolci e grassi, cereali raffinati, cibi fritti e trasformati, carne rossa, latticini ricchi di grassi e basso consumo di frutta e verdura, sarebbe associato a una maggiore incidenza della depressione. Nei soggetti con depressione o con un aumentato rischio di depressione, sono stati riscontrati livelli più bassi di micronutrienti tra cui zinco, magnesio, selenio, ferro e vitamine D, B12, B6 e folati. Diete ricche in frutta e verdura avrebbero un effetto positivo in questo senso, sia grazie all’ampia disponibilità di micronutrienti che alla presenza di antiossidanti, polifenoli e flavonoidi, alcuni dei quali sembrerebbero avere effetti antidepressivi o ansiolitici.
*Biologa-nutrizionista