Gli “sporcaccioni” del Savuto

di Gaspare STUMPO *

MANGIANO e bevono … per dimenticare. Sono i soliti incivili, i primi – probabilmente – a lamentarsi (e a temere) quando le cose non vanno bene, soprattutto quando si parla di incuria paesaggistica, malattie gravi e mortalità. Sono anni che ci battiamo contro cattive abitudini, sporcizia e ipocrisia con risultati pessimi nonostante appelli, denunce e campagne d’informazione. Il grido di allarme, l’ennesimo da parte dell’Anir, è l’ultimo di una lunga serie di inviti e richiami al senso di civiltà rispetto alla fruizione ed alla cura della natura. E’ una questione di civismo, ma anche di dignità per noi che abbiamo fatto del territorio (e delle sue bellezze) un cavallo di battaglia in un’epoca molto spesso condizionata dallo sfruttamento delle risorse e dal degrado ambientale per questioni di opportunità economica, speculazioni e non certo per scopi sociali o culturali. Dalle realtà urbane a quelle rurali il deterioramento dello stato dei luoghi oggi è sotto gli occhi di tutti: strade e angoli urbani ricolmi di spazzatura, campagne e aree fluviali invase da rifiuti a volte anche speciali e pericolosi per l’uomo e per gli animali. Uno spettacolo indecente frutto di abitudini scellerate, ignoranza e in molti casi dell’incapacità (politica e manageriale) delle amministrazioni locali a programmare e gestire il ciclo urbano dell’immondizia.

Immondizia abbandonata nei pressi del fiume Savuto

Il risultato è sconvolgente rispetto al dibattito sulla necessità di implementare soluzioni capaci di smaltire i rifiuti evitando di arrecare danni all’ambiente e agli stessi esseri viventi. L’aumento di patologie tumorali, cardio-respiratorie e del sistema immunitario, le conseguenze negative sul mondo animale e vegetale, sono in buona parte frutto infatti della contaminazione di acqua, terra ed aria. Non a caso, questo primo scorcio di nuovo millennio ha sancito la necessità di effettuare scelte importanti (e determinanti): riciclare, preservare energia, puntare su soluzioni eco-sostenibili. Diversamente, continuare ad inquinare significa contribuire ad imbutire e rendere inospitale l’ambiente, favorire l’insorgere di fenomeni estremi, peggiorare lo stato di salute (e le condizioni economiche) delle specie viventi, portare al collasso il pianeta. Conseguenze spaventose per le nuove generazioni il cui futuro appare purtroppo già a rischio. Inutile parlare allora di Calabria come terra di accoglienza, tradizioni e bellezza. Di turismo esperienziale e qualità della vita. Di posti incantevoli tra mare, collina e montagna. Di enogastronomia, di percorsi storici e arte se per una fetta di popolazione la sensibilità e l’attenzione nei confronti della natura è pari a zero. Se dagli ameni pic-nic nell’estate del Covid (in Sila e lungo il Savuto) sono scaturiti cumuli di fetido pattume abbandonati senza ritegno e vergogna all’interno di boschi, lungo fiumi e torrenti o a margine di strade e sentieri. E’ tempo di fermarsi e riflettere, dunque. E’ tempo di dire basta allo scempio. E’ tempo di risposte da parte di cittadini e istituzioni.

* (gasparemichelestumpo@pecgiornalisti.it)

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