“Ma quali ospedali da campo. Aprire subito gli ospedali chiusi!” *
di Domenico FRAMMARTINO *
“Che la Sanità calabrese fosse un colabrodo è noto a tutti, oramai da decenni. Tutti hanno fallito irrimediabilmente: nella programmazione, nella scelta dei dirigenti regionali e in quella dei manager preposti alle vecchie undici ASL (oggi cinque ASP) e alle quattro aziende ospedaliere. Tutto quello che a causa della pandemia ha portato la Calabria al centro della cronaca italiana. E si crede che la migliore soluzione sia chiedere Gino Strada come commissario e la realizzazione di ospedali da campo. È senza dubbio il tempo delle incertezze ma quella sugli ospedali da campo è un grande paradosso, in una terra dove si trovano il più alto numero di ospedali o presidi sanitari chiusi o dismessi. Da mesi L’Italia del Meridione rivendica a livello calabrese ma anche meridionale l’istituzione delle aree sanitarie temporanee che possono essere utilizzate, in funzione di degenza per i Covid a basso rischio, sintomatici e/o asintomatici, e per i post Covid. Tali strutture, create tramite la riconversione e la immediata riapertura degli ospedali chiusi, come quelli di frontiera o di montagna che agirebbero in deroga ai principi di autorizzazione e di accreditamento istituzionale, servirebbero al tracciamento ed al monitoraggio con lo scopo aggiuntivo di decongestionare il sistema delle degenze Hub e Spoke. La riattivazione di queste strutture dismesse, unita ad una serie ed efficiente attivazione delle Usca (37), eliminerebbe il problema dei posti letto, che andrebbero riservati esclusivamente alla infettivologia ed alla broncopneumologia (sub intensiva).
E siccome non c’è peggior sordo di chi non vuol ascoltare è auspicabile che nei Comuni, nei territori dove sono ubicate queste strutture, i cittadini tutti si mobilitino tenendo alta l’attenzione fino a quando non vengano date risposte concrete e soddisfacenti. IdM anche in passato, quando l’attenzione era rivolta ad altro e i vari commissari ad acta decidevano le sorti di interi territori e della Calabria stessa, ha sostenuto ed incitato iniziative che partendo dal basso mostrassero il vero volto della Sanità. Non c’è provincia che non abbia nosocomi abbandonati o in attesa di riqualifica con intere aree o reparti chiusi, (ad esempio, nella sola provincia di Cosenza se ne contano otto), per non parlare della mancanza di personale più volte lamentato.
È senza dubbio il momento delle piazze ma quelle vere, della rabbia condivisa per una situazione che ha raggiunto il suo apice proprio in piena emergenza, quella dei calabresi onesti che chiedono dignità e il sacrosanto diritto alla salute. IdM c’era e ci sarà con i propri rappresentanti, comune per comune, territorio per territorio. La Calabria pretende di scrivere il proprio destino senza imposizioni e scelte calate dall’alto, senza nuovi ripieghi o indicazioni dettate dal momento in quanto non contribuiscono alla soluzione del problema. La mobilitazione deve essere una vera e propria rivoluzione che porti innanzitutto ad avere risposte concrete e poi ad ottenere definitivamente l’uscita dal Commissariamento”.
*Vice segretario regionale de L’Italia del Meridione