Il “Gattopardismo” nell’Italia risorgimentale: la figura di Donato Morelli *

di Gaspare STUMPO *

TRA i capolavori degli Anni Sessanta del secolo scorso, tra le migliori produzioni cinematografiche di tutti i tempi e, comunque, tra le cento “pellicole” italiane da salvare, c’è senza ombra di dubbio “Il Gattopardo”. Tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, diretto da  Luchino Visconti, il film (Palma d’Oro a Cannes nel 1963) pone in evidenza alcune vicende dell’aristocrazia siciliana legate al contesto risorgimentale, ovvero, al periodo di passaggio dal Regno Borbonico a quello Sabaudo, destinate a rappresentare, all’estremo lembo della Penisola, il fallimento del tentativo di cambiamento socio-economico, politico e culturale. Ciò, nonostante le spinte innovatrici e la stessa capacità di adattamento al nuovo benché quasi innaturale, per questioni storiche ed antropologiche, della società meridionale. “Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi”. Un po’ più a nord, in una Calabria segnata dal latifondo, dalle catastrofi naturali ma, soprattutto, dalla miseria delle masse contadine, il “gattopardismo” si era manifestato con il sostegno all’impresa garibaldina e al nascente corso monarchico da parte della borghesia terriera locale.

La famiglia Morelli, in particolare, dopo aver dato prova di fedeltà ai Borboni accogliendo il re Ferdinando II° e la regina Isabella d’Austria in visita alla provincia il 10 settembre 1844, dopo le condanne (e le imposizioni) seguite ai fatti del ’48, favorì il passaggio di Garibaldi ospitando quest’ultimo nel palazzo di Rogliano. In quella dimora da cui, parlando alla folla, il 31 agosto 1860 il Dittatore nominò Donato Morelli governatore di Calabria Citra decretando altresì l’abolizione della tassa sul macinato, la riduzione del prezzo del sale e l’autorizzazione agli abitanti di Cosenza e dei Casali ad esercitare l’uso gratuito del pascolo e della semina nelle terre demaniali silane. Donato Carlo Alessandro (questo il nome completo) era nato a Scala Coeli il 10 aprile 1824 da Rosalbo e da Serafina Giuranna di Umbriatico. La sua famiglia, che oltre ai genitori era composta da nove figli (quattro maschi e cinque femmine), possedeva un vasto patrimonio fondiario e una considerevole stima non solo politica.

Consumata la rottura con i Borbone, Donato entrò a far parte di un comitato di difesa la cui missione era quella, appunto, di invitare il re a mantenere la Costituzione concessa e poi ritirata. Tuttavia, assieme al fratello Vincenzo finì per essere accusato di cospirazione e condannato. Con la morte del vecchio sovrano, l’ascesa al trono di Francesco II° e l’amnistia, ebbe modo di partecipare ai moti insurrezionali della Calabria, ponendosi in prima linea nell’attività di coordinamento delle bande impegnate nella dispersione delle truppe borboniche e in quella di preparazione all’avanzamento dei Mille. Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, parlamentare dal 1861 al 1882, senatore dal 26 gennaio 1889, Donato Morelli rivesti anche la carica di sindaco. Nel 1883 sposò Teresina Baroni, figlia della sorella Clelia, dalla quale ebbe una figlia, Caterina. Morì a Rogliano l’8 ottobre 1902 dopo una esistenza straordinaria che ha consegnato alla storia del Risorgimento italiano una figura di primissimo piano per capacità ed impegno politico. Il 5 settembre 1860 aveva ristabilito le regole a vantaggio dei proprietari terrieri inficiando, di fatto, il contenuto del decreto garibaldino a favore dei ceti più poveri. La prova di quella disponibilità al cambiamento (ma di facciata) dinnanzi all’ardore, al senso di giustizia e di libertà che contraddistinse l’avventura dei Mille, per conservare i privilegi della casta aristocratico-borghese incapace di incidere (in quel periodo e successivamente) sullo sviluppo uniforme del nostro Paese.

   * (gasparemichelestumpo@pecgiornalisti.it)

Fonte: Conflueze – quadrimestrale di Cultura

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