Un pezzo di storia: quella volta che Bob Dylan rifiutò di suonare a Woodstock

L’ANNO 1969 per Dylan significo’ la registrazione dell’album country “Nashville skyline”, dalle sonorità piu’ morbide e rilassate rispetto ai capolavori (termine assolutamente adeguato) nevrotici “Bringing it all back home”, “Highway 61 Revised” ed al colossal “Blondie on Blondie”, lavori che lo fecero divenire il “Master of war” del rock and roll e di tutta la post beat generation. L’anno 1969 fu anche l’anno dell’iconico festival di Woodstock: apogeo sociomusicale ma anche inizio della fine (rileggere il testo crepuscolare e quasi gotico “Hotel California” degli Eagles) dei <<30 gloriosi>> 1945 – 1975; anche perchè poi arrivo’ l’eroina ed inoltre le circostanze non furono più favorevoli. Il rifiuto di Dylan è l’episodio del padre che rinnega i propri figli non riconoscendoli più: <<qualsiasi cosa sia la controcultura>>, scrive nella sua autobiografia, <ne ho abbastanza di quella roba. Sono stufo del modo in cui le mie canzoni vengono interpretate e manipolate, capovolgendo spesso i loro significati al solo scopo di creare polemiche o per additarmi come se fossi il dio della ribellione>. Accettò, non senza reticenze, dopo tre mesi dall’accaduto l’invito per la risposta inglese al festival di Woodstock: il festival dell’isola di Wight. Oggi che siamo, parafrasando Fukushima, alla <fine della fine della storia> e non stiamo certo vivendo in anni gloriosi, forse si potrebbe organizzare il festival di Woodstock nel metaverso coinvolgendo anche Kendrick Lamar e Drake, sperando non si sparino a vicenda.

(Santo Orrico)

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