Piano Lago, ottocento anni dalla edificazione della chiesa di Santa Maria del Soccorso. La storia

PIANO Lago è una zona di incontro tra più anime e più storie alle porte del Savuto. Un territorio in origine pienamente rurale che però, vista la conformazione pianeggiante e la presenza di importanti snodi di comunicazione viaria, si è prestato negli ultimi decenni ad uno sviluppo sia industriale che urbanistico che
lo ha trasformato in un vero e proprio centro abitato di rilievo. Sebbene la gran parte del territorio ricada nel Comune di Mangone, lo sviluppo ha interessato anche zone limitrofe dei Comuni di Santo Stefano di Rogliano, Paterno e altri paesi della zona, dando vita ad una sorta di centro abitato intercomunale. L’istituzione della parrocchia di San Pio ha riconosciuto di fatto la situazione, sorgendo su territori storicamente appartenenti alle parrocchie di Mangone, Paterno e Santo Stefano. Nel territorio di quest’ultima rientrava la zona della contrada Valleggiannò, la cui vita religiosa ruotava attorno alla chiesetta rurale di Santa Maria del Soccorso, costruzione posta tra le case coloniche di una piccola collina. La chiesetta ha una storia curiosa perché, pur presentando una struttura con elementi architettonici settecenteschi, una iscrizione custodita al suo interno ne fa rimontare la fondazione al 1224. La data, sebbene accettata da parte gran parte della storiografia locale, merita comunque di essere vagliata criticamente insieme alle altre notizie contenute nell’iscrizione. La lapide risale al XVIII° secolo e ricorda un rifacimento della chiesa nel 1757 ricordando però la storia più antica dell’edificio e il legame con i Martiri di Ceuta, i sette francescani provenienti dalla Calabria uccisi in Marocco nel 1227 a causa della fede che professavano. Secondo l’iscrizione la chiesetta sarebbe stata un “Caenobium” (sic), cioè un piccolo convento, dedicato alla Madre di Dio del Soccorso (Deiparae a Succur[so] dicatum), e fondato nell’anno 1224 dai santi Daniele Fasanella, Nicola Abenante e dagli altri compagni martirizzati in Marocco.

A questo proposito, già lo storico padre Francesco Russo scriveva di una “tradizione tardiva”. Quello di Piano Lago non compare tra le prime fondazioni francescane presenti in Calabria e sulle vicende in terra calabra dei Martiri di Ceuta ci sono poche certezze documentali, a partire dagli stessi cognomi. Ma le tradizioni meritano comunque di essere approfondite, e il fatto che già nel ‘700 si facesse menzione di queste figure del francescanesimo delle origini in una piccola chiesa rurale è già di per sé un elemento di interesse. E non è da escludere che la tradizione fosse ancora più antica. La zona dove sorge la chiesetta è da secoli luogo di passaggio. Quel territorio era attraversato dall’antica via Popilia, che ancora in epoca medievale era una via di comunicazione centrale per percorrere la regione da Nord a Sud, e dei monaci in cammino avrebbero certo potuto passare da questi luoghi, sostare in qualche romitorio in attesa di riprendere il viaggio, pregare nei luoghi di culto presenti lungo la strada. Nel XIII° secolo diverse chiese della zona erano dedicate alla Vergine, ma allo stato attuale delle ricerche non è possibile collegare l’attuale Chiesa del Soccorso con qualcuna di quelle citate nei documenti medievali. Chissà che in futuro nuovi documenti e ricerche non possano farlo. A prescindere da questo, la chiesa però ha diversi elementi di interesse. Il suo aspetto deve essere ancora in gran parte quello dato all’edificio dai lavori di rifacimento menzionati nella lapide citata del 1775. Nella seconda parte dell’iscrizione si menzionano due personaggi: Pietro Antonio Nicol[ett]i, che dedicò all’opera trent’anni della sua vita, e don Domenico De Simone, che ne curò la sistemazione “in meliorem forma”. Il portale in tufo è un bell’esempio di portale barocco, opera con ogni probabilità di scalpellini roglianesi, così come la finestra in tufo che lo sormonta, che riporta il nome del committente, don Ignazio De Simone. Sulla finestra un particolare stemma nel quale compaiono un giglio e una palma e le lettere “A. V. M”. Anche l’interno è ricco di stucchi che incorniciano gli altari e gli archi. L’altare maggiore presenta una tela della Madonna del Soccorso raffigurante la Madonna che, mentre regge il Bambino Gesù, con la mano destra difende un fanciullo dal demonio scacciandolo con un bastone.

L’opera è probabilmente precedente ai restauri settecenteschi ed è stata poi incorniciata dagli stucchi durante quel rifacimento. La stessa iconografia è riprodotta dalla recente statua processionale in cartapesta, eseguita nel 1929 dalla ditta Giancane di Lecce. Anche la parete dell’arco del presbiterio è abbellita da quattro nicchie e incorniciata da stucchi. Sulla parete sinistra un altare laterale presenta una tela della Sacra Famiglia, mentre sulla parete destra si apre una cappella laterale. Da segnalare infine il rilievo presente nel paliotto dell’altare maggiore: un rilievo in stucco che mostra una mensa attorno alla quale siedono sette individui. Sembrerebbe una raffigurazione molto popolare dell’Ultima Cena, ma il numero dei personaggi raffigurati fa tornare alla mente le suggestioni del richiamo ai sette martiri francescani. Nella storia della chiesetta i secoli tra il ‘200 e il ‘700 devono essere colmati, ma è bene cercare di mettere alcuni tasselli. Il titolo del Soccorso rimonta ad un culto nato nel 1306 in Sicilia, a Palermo per la precisione, dove la Madonna sarebbe apparsa ad un monaco agostiniano che guarì da una malattia ed ebbe alcune visioni. In una di queste la Vergine avrebbe chiesto di diffonderne il culto e di venire invocata come Madonna del Soccorso. Il culto si diffuse successivamente anche in Calabria, non è da escludere che a portarlo nella zona siano stati proprio i Padri Agostiniani, che a Santo Stefano di Rogliano ressero un piccolo convento dedicato all’Annunziata, soppresso poi nel 1652. Nelle fonti del XVIII° riguardanti la parrocchia di Santo Stefano, la chiesa del Soccorso ricorre più volte. Già negli anni ’40 possedeva alcuni terreni e viene citata come riferimento per la contrada. A metà del ‘700 la “Venerabile Chiesa Rurale di Santa Maria del Soccorso” pagava “once numero 6 per celebrazione di messe” e aveva diversi beni, tra cui “un pezzetto di terra detta lo lago contiguo a detta Chiesa”. Al suo interno era eretta anche una cappella del Crocifisso che possedeva un castagneto. Agli inizi dell’800 dovette attraversare un periodo di decadenza, tanto che alcune messe venivano celebrate in un altare laterale della chiesa di Santo Stefano, ma era comunque attiva. In un documento del 1827 viene indicata come cappella rurale curata dal parroco di Santo Stefano, don Clemente Capocasale. Distava un miglio circa dall’abitato, era tenuta in mediocre stato e veniva aperta al culto “solamente nel giorno 5 agosto, e proprio nella festività di Santa Maria ad Nives”. Alla chiesa era attaccato un romitorio e una casetta rurale, locale utilizzato all’eremita o dal colono del fondo attaccato alla chiesa, allora appartenente a Raffaele Mazzei. Il fatto che vi stazionasse qualche eremita indica che la chiesa veniva curata da persone che decidevano di ritirarsi presso qualche luogo di culto lontano dai centri abitati per vivere di elemosine e dedicarsi alla preghiera. Attualmente è parte della nuova parrocchia di San Pio e continua a rimanere un punto di riferimento per gli abitanti della zona, che vi celebrano ancora la festa in agosto. E quest’anno sarà l’occasione per ricordare gli 800 anni dalla data del 1224 che, seppur frutto della tradizione, è comunque
un suggestivo richiamo a vicende ragguardevoli per la vita religiosa calabrese.

(Lorenzo Coscarella)

Fonte: Parola di Vita

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