Migranti presi a cinghiate: dov’era l’uomo?
LE IMMAGINI che sono passate nei tg e nei talk show dei dodici ragazzi eritrei fanno inorridire. Di fronte alla ricerca di speranza e ad un fenomeno che sta assumendo dimensioni drammatiche, la reazione del camionista al confine con Ventimiglia che ha scoperto nel suo tir le undici ragazze (di cui una incinta) e il ragazzo, è stata veramente disumana. In un video si vede l’autotrasportatore che brandisce una cinghia e colpisce, uno ad uno, quelle persone mentre scendono dal suo veicolo. Giovani appena maggiorenni con la sola colpa di voler attraversare un confine diventato per loro un muro invalicabile. Il diritto di partire, come quello di restare è e resta un diritto inviolabile, e la mancanza di regolamentazione, insieme a respingimenti, spinge folle di disperati ad inventarsi di tutto: dai gommoni di fortuna alla clandestinità. Ma quella violenza resta ingiustificata. Comportamenti di vera disumanità. L’autotrasportatore, per il quale proviamo solo una gran pena, rabbioso e con il cuore indurito, per liberarsi di quelle persone e punirle per essere salite sul suo camion, ha usato una cinghia da carico con terminale di acciaio. Una nuova flagellazione per “poveri cristi” per i quali la via crucis non è ancora finita. Ora la Caritas li ha accolti temporaneamente, come una Veronica, per asciugare il volto. Ma loro proveranno e proveranno ancora ad attraversare quel confine per raggiungere quella che, per loro, è la mèta della speranza. Ma anche questa terribile vicenda rischierà di venire ingoiata dalle cronache di questi giorni estivi e venir dimenticata, fino al prossimo episodio di morte o di violenza. Guardando quella scena non possiamo non chiederci, al netto di leggi, riflessioni e chiacchere sul fenomeno migratorio, dov’era l’uomo a Ventimiglia? Perché Cristo sappiamo che era con loro a farsi flagellare ancora!
Fonte: SIR – Parola di Vita