Scigliano. Il Ponte di Annibale (o di Sant’Angelo), un dibattito mai concluso *
di Anselmo Filice *
DI SICURO c’è che la Valle del Savuto possiede un patrimonio storico culturale tra i più importanti della Calabria. Tra questi beni spiccano i ponti di presunta origine romana, in particolare il Ponte Sant’Angelo, tra i Comuni di Altilia e Scigliano, di straordinaria fattura e dalle caratteristiche tecniche uniche. Recentemente, il dibattito si è riaperto per l’interesse e la sensibilità mostrata da associazioni, professionisti e studiosi provenienti da altre regioni d’Italia. Una sensibilità locale che in diverse occasioni si è dovuta scontrare con l’interesse dello “straniero” che ha palesato un marcato deficit nello studio dei nostri beni storici e delle aree circostanti. E’ il caso di ricordare una parte di un libro dedicato alla Via Annia Popilia, scritta evidentemente con avventatezza, a proposito dei ponti Sant’Angelo, Tavolaria e Fratte, collocando la loro realizzazione in periodo alto medievale se non addirittura in epoca più recente. L’autore afferma quanto segue: “Sembra impossibile che i tre manufatti, simili per tecnica costruttiva e dimensioni, possano aver resistito tanti secoli, oltre che alla furia delle piene, anche ai terremoti che hanno costantemente distrutto interi centri abitati ed atterrato possenti strutture fortificate (castelli, torri, cinte urbiche) e monumentali complessi religiosi e monastici (chiese, monasteri, conventi, abazie) costruite in Calabria”. Affermazione poco convincente per inconsistenza, in contrasto con quelle di altri addetti ai lavori tra i quali docenti universitari di Storia Romana e di Scienza e Tecnica delle Costruzioni, oltre che da studiosi impegnati ad approfondite ricerche non solo a livello bibliografico ma anche sul campo, che fanno risalire l’origine del ponte Sant’Angelo (nelle foto) all’epoca romana. Un’affermazione che, peraltro, avrebbe dovuto limitarsi ad un solo ponte che si presume faccia parte della vecchia Via Annia Popilia (Capua Rhegium), il cosiddetto Ponte Sant’Angelo (chiamato anche ponte D’Annibale), e non ai due restanti ponti, anch’essi di presunta origine romana, Ponte di Tavolaria (Tabula ria) e Ponte delle Fratte.
L’origine romana e il collegamento con la Via Popilia
L’origine romana del Ponte è dimostrabile da diverse ipotesi e da alcuni reperti recuperati. Durante l’ultimo restauro del manufatto sono state rinvenute monete antiche, a tal proposito Saturno Tucci (scomparso nel 2019, ndr), in uno dei suoi libri scrive: “Sul piedritto a monte venne ricucita la famosa lesione che, a suo tempo, permise di scoprire una camera vuota, all’interno della quale gli operai si sbizzarrirono a scavare alla ricerca di un antico tesoro che la diceria popolare voleva fosse lì nascosto. Furono trovate, invece, alcune monete che vanno dal periodo greco (350-194 a.C.) al periodo romano fino ai “Vespri Siciliani” (1200-1280 a.C.) … “. C’è da dire che l’asse del ponte segue un tracciato che si presume appartenesse alla Via Popilia (Capua Rhegium) in quanto parallelo e vicino a quello dell’autostrada, probabilmente quello più ragionevole oltre che dal punto di vista geologico, anche da quello ingegneristico, e più a nord, vicino alle strade ricostruite nel periodo Borbonico nei pressi di Rogliano. Questa ipotesi è contenuta nello stesso testo dedicato alla costruzione dell’antica strada romana, e contraddice l’affermazione dell’autore stesso, considerata la posizione vicina e parallela del ponte all’autostrada: “mi rendo conto che la politica dei collegamenti stradali in Calabria, in duemila anni non è sostanzialmente cambiata: una principale arteria longitudinale che attraversa il cuore del territorio: da una parte l’Annia e dall’altra l’Autostrada A3 che ne ripercorre abbastanza fedelmente il tracciato e poi le vie di collegamento con la costa ionica.”. Che il punto di valico del fiume Savuto fosse necessariamente a “Macchia della Fiera” non è fondato in quanto non esistono testimonianze storiche che affermano l’esistenza di scambi commerciali in tale area tenuti fino a oltre 2000 anni fa. Nel testo non si cita che la grande fiera di bestiame, organizzata sino a tempi recenti (ancora oggi tradizionalmente praticata ma in misura più modesta), era denominata Fiera di Sant’Angelo, né si cita l’esistenza, vicino al Ponte Sant’Angelo, di una chiesetta dedicata a Sant’Angelo (nella foto, sotto), che dimostra l’importanza del ponte e i legami con la fiera, importantissima per i paesi vicini. Nello stesso tempo si potrebbe dire che l’antica Via Popilia (Capua Rhegium) necessitava di un punto di valico sul fiume Savuto e questo avveniva attraverso il Ponte Sant’Angelo. Ponte che ha ragione di esistere soprattutto se apparteneva a tale strada, vista anche la sua vicinanza a Rogliano, Martirano e Scigliano, tutti toponimi di origine prediale, ovverosia quei nomi di luogo che rammentano l’esistenza di antichi praedia romani (era abitudine romana denominare il fondo dal nome del proprietario aggiungendo il suffisso ano). Non solo, ma l’ottima fattura giustifica l’esistenza in quell’area di un’arteria principale e di fondamentale importanza fino a pochi secoli fa.
I ponti sul fiume Savuto necessari per l’economia del territorio
Per quanto riguarda gli altri attraversamenti, Ponte di Ischia Romana, Ponte di Tavolaria (Tabula ria) e Ponte delle Fratte, la loro origine è legata all’interesse che avevano i romani allo sfruttamento del territorio sia durante le guerre romano-puniche, legno della Sila e pece (pix bruttia), sia per la coltivazione della vite per produrre il vino Previtaro bianco e il Fulvus, apprezzati in modo particolare ancora più del Cirò e del Greco, da Plinio il Vecchio. Dire che sembra impossibile che i ponti abbiano resistito tanti secoli, oltre che alla furia delle piene del fiume, anche ai terremoti, e quindi la loro realizzazione risale al periodo alto medievale se non più recente, non è esatto per il semplice fatto che tali infrastrutture sono state ricostruite e restaurate più volte nelle epoche passate per l’importanza che hanno avuto fino a 50-60 anni fa, sia per il pascolo sia per l’agricoltura. D’altronde, nel testo vengono ricordati i restauri più recenti del Ponte Sant’Angelo (1856 e 1961) eseguiti non soltanto perché belli da vedere, ma necessari. Riguardo alla resistenza del Ponte, è utile ricordare un fatto curioso che l’ingegner Antonello Pironti riporta nella sua tesi di laurea: “Dopo il restauro del 1961, negli anni 1968-69, fu costruita l’autostrada Salerno-Reggio Calabria (oggi Autostrada del Mediterraneo, nda) ma l’atteso richiamo turistico non si è verificato. In effetti l’unico evento particolarmente importante per il ponte stesso è stato il transito su di esso di un mezzo del cantiere autostradale: un “Caterpillar D9″. Questo provocò la parziale distruzione dei parapetti e probabili lesioni longitudinali ma anche questa volta il ponte superò indenne l’evento assolutamente eccezionale”.
I dibattiti
Il dibattito prosegue fino agli ultimi convegni organizzati a Scigliano. Sembra che alcuni relatori per documentarsi abbiano letto unicamente questo libro. Secondo gli stessi, il Ponte, essendo ad una sola corsia, non può essere considerato di origine romana. La revoca ai relatori si traduce con l’individuazione nei pressi dei vicini Campi di Malito di un lungo tratto di strada basolata (antico sentiero lastricato di epoca romana con tracce ben conservate) con una sede carrabile larga 2,70 metri. Dimensioni compatibili con quella del Ponte, considerando la larghezza di 3,50 metri. L’arco del Ponte Sant’Angelo è stato addirittura definito “gotico” e paragonato a quello di un antico ponte di Squillace, in provincia di Catanzaro, con arco marcatamente a sesto acuto. Inoltre, i tre ponti, sono stati definiti uguali per tecnica costruttiva. Tutte queste affermazioni fanno trasparire la poca conoscenza dei manufatti e del contesto che li circonda. Sono imprecise e poco convincenti. Il Ponte Sant’Angelo ha una luce di circa 22 metri e una freccia di circa 11 metri. Dimensioni che, con semplici calcoli, dimostrano l’esistenza di un arco a tutto sesto. Una impercettibile schiena d’asino potrebbe essersi formata per gli eventi tellurici avvenuti nel corso dei secoli ed in rapporto alla geologia della Calabria, giovane e in continuo movimento. Gli archi dei ponti di Tavolaria e Fratte sono stati costruiti con materiali e tecniche differenti. Il Ponte Sant’Angelo, a differenza degli altri, ha un arco costruito a blocchi di tufo rosa, provenienti da una cava nelle sue vicinanze e sconosciuta alla stragrande maggioranza degli studiosi “stranieri”. Infine, pensando all’altezza e alla lunghezza considerevole del Ponte, ci poniamo una domanda: il regime del fiume Savuto è stato sempre così? La narrazione di Dionigi di Alicarnasso (60 a.C. circa – 7 a.C.) fa pensare ad un fiume più regolare, sopra cui era possibile praticare la fluitazione e quindi il trasporto del legname a valle per la costruzione delle navi romane.
*Ingegnere, dottorando Unical
Fonte: Parola di Vita