Agricoltura, per contrastare l’abbandono serve una burocrazia più snella. L’Associazione Italiana Coltivatori interviene sullo spopolamento rurale
«SE E’ VERO che si registra un abbandono progressivo dei terreni agricoli come fenomeno diffuso che caratterizza le aree interne, è anche vero che la burocrazia regionale non aiuta invece l’interesse degli agricoltori a recuperare terreni montani, magari adibiti al pascolo, per invertire la tendenza che l’Europa sottolinea nel suo report sullo spopolamento rurale». Giuseppino Santoianni, presidente dell’Associazione Italiana Coltivatori, punta i riflettori su uno dei problemi più delicati che interessano il comparto agricolo calabrese.
Il processo in atto da alcuni decenni in regione e che per la verità caratterizza tutta Europa, vede la Calabria tra le aree del Mediterraneo nelle quali è più accentuato il rischio di abbandono delle aree interne. Una tendenza che «è figlia dei tempi moderni – aggiunge Santoianni – ma che alle nostre latitudini è amplificata dalla burocrazia che spesso non agevola la progettualità messa in campo dagli agricoltori che, invece, di aree interne hanno bisogno per una serie innumerevole di attività legate al comparto ed al suo sviluppo». Per questo motivo l’Aic chiede alla Regione Calabria di rivedere alcuni dei parametri contenuti nei regolamenti regionali per «invertire la tendenza e adottare le giuste contromisure che servono per rallentare il fenomeno che colpisce nel vivo uno dei settori tradizionalmente più caratterizzanti dell’economia calabrese».
Nel report “La sfida dell’abbandono dei terreni dopo il 2020 e possibili misure di attenuazione” realizzato dal Centro di ricerca del comitato Agri del Parlamento europeo la Calabria rientra tra le regioni del Vecchio Continente dove lo spopolamento dei campi acquisisce un valore da “bollino rosso”. «Questo significa anche ricedute negative per la tenuta dei territori, per le problematiche legate al dissesto idrogeologico, alla possibilità di avere in futuro pascoli utili per il bestiame che ancora da noi vive sui campi allo strato semibrado, alla capacità delle comunità di godere di una biodiversità ecologica ed alimentare. Una tendenza da invertire subito con politiche coraggiose che sostengano gli agricoltori che presentano domande per la bonifica di territori, che immagino il recupero di aree interne per produrre o destinare al pascolo, che insomma vedono nell’ambiente circostante la prospettiva di una crescita agricola ed economica».
Se si guardano i dati Istat, infatti, dagli anni ’70 ad oggi la Superficie agricola utilizzata (Sau) è diminuita in Calabria del 25% nelle aree periferiche e ultra periferiche mentre la flessione nelle zone intermedie è stata pari al 21%. «Nonostante i proclami e gli interventi annunciati spesso solo su carta – aggiunge il presidente di Aic – la tendenza è rimasta in negativo e il ripristino dell’uso di terreni agricoli in disuso così come la tutela della biodiversità sono rimasti una chimera per coloro che hanno provato a presentare domande in tal senso. La burocrazia regionale deve entrare nel merito delle proposte e leggere con attenzione i progetti presentati per sostenere le idee di sviluppo e tutela del territorio, evitando bocciature senza appello per giovani, soprattutto, che invece vedo nella terra il loro punto di riscatto».
Fonte: Avi Communication