Eparina efficace contro il Coronavirus? “Intervista al prof. Salvatore Spagnolo: “somministrare il farmaco all’inizio dei sintomi”
di Francesco SARRI *
L’Italia, così come il mondo intero, è da poco più di un mese stretto in una morsa dal nome Covid–19; o meglio ancora Coronavirus. Solo sul territorio nazionale, ad oggi sono più di 95mila i soggetti positivi al virus, il che ha messo l’attuale Governo nelle condizioni di dover ricorrere a determinate misure; con un conseguente cambio di abitudini collettivo. Medici, infermieri, operatori OSS, tutti impegnati in prima linea a fronteggiare questo male; tra questi anche il professor Salvatore Spagnolo (nella foto), calabrese di origine, primario al Policlinico di Monza e cardiochirurgo di fama internazionale. Dai suoi studi emerge una teoria interessante: l’eparina come possibile arma contro il Coronavirus. Più precisamente, l’ipotesi del professor Spagnolo è che l’alta mortalità riscontrata nei vari pazienti sia da attribuire non alla singola polmonite; bensì ad una grave complicanza rappresentata invece dalla embolia polmonare massiva. Ancora, dagli studi è emerso che sulla membrana del virus è presente una sostanza chiamata emoagglutinina; la quale al contatto col sangue determina l’inizio del processo di coagulazione. Autopsie effettuate a Brescia e Torino hanno inoltre confermato la presenza di coaguli nel circolo polmonare. In questo frangente entra in gioco l’eparina, somministrata ai pazienti ricoverati in terapia intensiva, registrando così un miglioramento del decorso della malattia; parimenti un abbassamento del tasso di mortalità.
Professore, cosa può dirci a riguardo di questo probabile passo nella cura contro il Covid–19? Il Covid – 19 ha un decorso clinico particolare, nel senso che è caratterizzato da quadri di broncopolmonite che portano al ricovero, alla terapia intensiva, molte volte alla morte. Questo andamento non è per niente classico di una influenza comune, inoltre quello clinico non è nemmeno caratteristico della polmonite; perché questa dura qualche mese. Questi pazienti, nell’arco di venti giorni dal primo ricovero, una buona percentuale di casi muoiono, in un modo che i medici non riescono a curare; nonostante l’allerta dei supporti respiratori, e tutto questo non c’entra nulla con la broncopolmonite. Io sono specialista come cardiochirurgo nelle embolie polmonari, conoscendo bene il problema mi è venuto il sospetto che questo andamento clinico particolare non sia legato a una polmonite, ma alla embolia polmonare massiva. Ciò è mortale, o si tolgono i trombi dai polmoni o si ha un alto rischio di morire. Non essendo stata sospettata né dai cinesi né da noi, studiando la letteratura è uscita fuori una cosa veramente importante; questo virus ha sulla sua parete esterna un elemento che entrato nel sangue lo fa coagulare. Questa coagulazione porta progressivamente alla embolia polmonare, che è quella che fa morire la gente; e tali dinamiche sono state riscontrate in autopsie che abbiamo fatto sia a Brescia che a Torino, in cinquanta pazienti su cinquanta si sono riscontrate la presenza di coaguli. Quando in terapia intensiva il sospetto è maturato si è introdotto l’utilizzazione dell’eparina, che è una medicina atta a sciogliere i coaguli.
Quali sono le proprietà dell’eparina? E quale è l’eventuale nesso con il Coronavirus? Secondo le sue proprietà l’eparina scioglie i coaguli, per cui somministrandola ai pazienti in terapia intensiva clinicamente migliorano tanto; però la malattia può essere allo stesso tempo pericolosa, specie se i coaguli sono tanti. In base alla conoscenza delle sue proprietà, tra le quali quella di prevenire la formazione dei coaguli, per scongiurare una embolia polmonare si somministra l’eparina sottopelle; fin quando una eventuale infiammazione, per esempio, non passi. Il problema è che invece di somministrare l’eparina a metà percorso, io propongo di spostare la somministrazione del farmaco all’inizio, quando iniziano a comparire tosse e febbre. Quando il virus inizia a entrare nel sangue, noi fermiamo i coaguli tramite l’eparina sottopelle, e quindi risolviamo il problema dell’embolia polmonare e la formazione dei trombi. In medicina embolia polmonare e eparina sono un binomio imprescindibile, dimostrato da anni di letteratura. È stato dimostrato che il farmaco si può somministrare con tranquillità, a differenza invece di individui con disturbi cerebrali vascolari; ma al di là di questo nessun problema collaterale. Dalla Cina hanno fatto delle rilevazioni in vitro e sembra che l’eparina, se somministrata ad un alto dosaggio, riesca a catturare il virus, impedendo che questo penetri nella cellula e quindi si riproduca. E ciò è un altro motivo per incentivare l’uso dell’eparina.
Quale sarebbe allora, secondo lei, il prossimo passo da fare? Secondo me il problema è che l’eparina viene somministrata tardi, quando il polmone ha già i coaguli; se ciò invece avvenisse prima, sarebbe possibile evitare una grossa problematica. Sarebbe possibile ridurre i morti, sarebbe possibile che le terapie intensive abbiano meno pazienti. Noi abbiamo chiaro un concetto, si sa che in questi pazienti c’è il trombo, per cui bisogna ricorrere all’eparina; però ad influenza appena iniziata. Questo è il passo per cui io chiedo collaborazione, è un farmaco innocuo e facilmente gestibile, così facendo il germe viene attaccato, eliminato, e la malattia finisce lì. Se noi togliamo i trombi, togliamo la prima causa di morte di questi pazienti.
*Giornalista