Il fascino degli antichi vicoli (rughe) nella Valle del Savuto *

di Gaspare STUMPO *

LE CHIAMANO rughe ma il riferimento semantico in questo caso nulla ha a che fare con la cute. L’etimologia della parola “ruga” nei dialetti in uso in alcune aree delle Calabrie è legata, infatti, alle dominazioni spagnola e francese, che al pari di altre presenze non indigene (latina, greca, araba, etc.) hanno influenzato, nelle diverse epoche, popoli, tradizioni e idiomi. Ruga non sarebbe altro, dunque, che la derivazione del termine francese (ruelle = vicolo) o di quello spagnola (ruta = itinerario) acquisite al lessico e tramandate nel corso dei secoli all’interno delle Comunità. Un insieme di particolarità documentate dal filologo e linguista Gerhard Rohlfs protagonista, nel Novecento, di interessanti studi di “archeologia dialettale”. Nell’immaginario collettivo la “ruga” continua ad essere lo scrigno della Memoria, lo spazio senza tempo (non solo il luogo di transito) simbolo civico di prossimità e di socializzazione. In vicoli antichi e polverosi sono cresciute intere generazioni, hanno operato artisti, artigiani e commercianti, famiglie numerose hanno vissuto una quotidianità essenziale in cui tutto è risultato confidenziale e condivisibile.

Un micro-mondo in cui la modernità è intervenuta trasformando (e troppo spesso alienando) stili di vita, modelli di comunicazione e forme di architettura, sacrificandoli sull’altare di un progresso dalle tinte in chiaroscuro benché avanzato nella sua consistenza sociale e tecnologica. Così le voci di giovani e adulti sono sfociate nel silenzio di luoghi vuoti e malinconici, la frenesia ha soppiantato la lentezza mentre il reale è divenuto virtuale. Un processo inesorabile che ha trasformato i centri storici in aree semivuote, degradate, eccezion fatta per le realtà in cui l’adozione di strumenti di rigenerazione urbana ha consentito la realizzazione di progetti virtuosi e la conseguente rivitalizzazione dei vecchi abitati in chiave restyling, ma anche (e soprattutto) civile e culturale. Un processo di rinascita che ha portato al recupero di parte del patrimonio infrastrutturale e, parallelamente, alla riqualificazione di ambienti altrimenti destinati al disordine e all’oblio.

Determinante, in questi anni, è risultato il contributo di amministrazioni comunali, associazioni e singoli cittadini, che nell’area del Savuto (a Rogliano e in altri centri della Vallata) così come in altri posti, ha permesso l’implementazione, temporanea o permanente, di soluzioni in grado di migliorare e rendere più vivibili piazze, vicoli e slarghi. Addobbi, decorazioni, creazioni artistiche, hanno migliorato l’estetica di questi posti facendoli rinascere, rendendoli funzionali al loro ruolo storico-architettonico, quindi più adeguati e armoniosi nella loro fruibilità. In più, contenuti e forme di interazione innescati sulla Rete, spesso più efficaci delle campagne pubblicitarie standard in termini di marketing sociale, hanno permesso la promozione di moderne forme di turismo relazionale, esperienziale e sostenibile, con ricadute di tipo sociale, economico e culturale. Ma non basta. Molte “rughe” restano abbandonate al loro destino, spopolate, fatiscenti. Occorre pertanto “ripensare” il centro storico come volano di rinascita della città, di equilibrio tra le forme e le funzioni della città stessa. Pensando al futuro come evoluzione, non (solo) al passato come conservazione.  

* gasparemichelestumpo@pecgiornalisti.it

Fonte: Parola di Vita

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