Fausto Gullo. Mancini: “a 50 anni dalla scomparsa la sua lezione contiene elementi di modernità”
Cinquant’anni fa, il 3 settembre 1974, moriva nella sua casa di contrada Macchia di Spezzano Piccolo, Fausto Gullo, una delle figure di maggiore rilievo della sinistra italiana. Quello che segue è il ricordo di Giacomo Mancini, già parlamentare nella XIV^ e XV^ legislatura.
A cinquanta anni della sua scomparsa, avvenuta il 3 settembre del 1974, ricordare Fausto Gullo non è solo doveroso per onorare una tra le figure più fulgide della lotta antifascista e della successiva costruzione e rafforzamento della repubblica democratica. Ma è anche utile per approfondire il suo pensiero e la sua lezione che contiene elementi di modernità importanti per definire una identità a quella che dovrà essere la sinistra del presente e del futuro. A partire dalla sua grande capacità di legare, senza cesure traumatiche, il passato al presente e dando continuità ai processi storici di forte trasformazione e cambiamento sociale ed economico.
Penso, ad esempio, a come affrontò la questione rivoluzionaria “della terra ai contadini”, partendo dagli usi civici e dai diritti dei poveri e nullatenenti di godere di terreni o beni immobili appartenenti alla collettività medesima ovvero ai demani pubblici, rimettendo in discussione le appropriazioni indebite avvenute sia durante il Regno borbonico, sia dopo l’unità d’Italia, da parte dei proprietari terrieri “assenteisti”. O ancora a come, la scelta di essere incluso nei governi di unità nazionale, subito dopo la guerra, rappresentò una continuità istituzionale tra la fase precedente al fascismo e quella successiva.
Avvocato e giurista, si forma alla scuola di Antonio Labriola. Appartenente ad una famiglia di possidenti terrieri di Spezzano Piccolo, Comune della presila cosentina non esita a compiere la stessa scelta che in quegli stessi anni, dall’altra parte del Paese, nel Polesine, prenderà Giacomo Matteotti anche lui figlio di una famiglia di agrari, e si schiera dalla parte dei contadini di cuoi conosce la povertà, le drammatiche condizioni di vita, le vessazioni e lo sfruttamento di cui sono vittime. Si iscrive al partito socialista. E Pietro Mancini a sollecitarla dopo la tragica e prematura scomparsa del fratello maggior Antonio. “A Fausto Gullo, che indossava la divisa di ufficiale di fanteria reduce dal Carso, dissi un giorno nel 1918: “Il posto di tuo fratello è ancora vacante nella sezione socialista di Cosenza ricostruita dopo il nembo della guerra”. Mi guardò e non rispose. Il giorno dopo la sezione socialista di Cosenza riceveva la domanda di iscrizione di Fausto Gullo nel Partito Socialista Italiano e venne scelto a far parte del comitato di redazione de La Parola Socialista che aveva ripreso le pubblicazioni dopo la guerra”.
Nelle file del PSI viene eletto prima consigliere comunale a Spezzano e poi consigliere provinciale nel mandamento della presila. A raccontare quel successo inaspettato è sempre Pietro Mancini: “anche i parenti intimi di quest’ultimo – parlo di Fausto Gullo – erano schierati nelle folte file degli elettori dell’avvocato Tancredi deputato provinciale uscente. La vittoria arrise al giovanissimo avvocato fu una vittoria impreveduta e imprevedibile e fu strepitosa. Il fuoco sotto la cenere della falsa apatia scoppiettò ed incendiò tutta la massa contadina e operaia”. Nel 1921 partecipa al congresso di Livorno che sancisce la rottura della unità della sinistra, che favorirà la presa del potere del fascismo, ed è tra gli aderenti al Partito Comunista di Italia insieme tra gli altri a Nicola De Cardona, Michele Serra e Fortunato La Camera. È vittima dei soprusi, delle angherie e delle violenze del regime che lo condannano al confino a Nuoro in Sardegna insieme a Pietro Mancini e ad altre figure storiche della sinistra calabrese.
Lascio alle parole di Pietro Mancini il ricordo amari del ventennio fascista: “oltre vent’anni abbiamo vissuto senza libertà, senza parola, senza movimento. Stavamo crepando di silenzio e di anchilosi. Non potevamo recarci né a Catanzaro né altrove senza chiedere permesso alla P.S. ventiquattr’ore prima. Un agente ci pedinava sempre, la censura violava le nostre lettere, le perquisizioni sconvolgevano la nostra casa. Oggi tutto è dimenticato, perché gli italiani sono degli smemorati. Storico quello che racconto: passeggiavamo ogni sera al corso Telesio inoltrandoci verso la Villa; Fausto Gullo ed io fummo invitati in questura, ed il questore Messina ci impose di smetterla con queste passeggiate mistero. Vivemmo imparando ad amare la libertà al disopra di tutti i dommatismi e gli ideologismi. La anelammo con tutte le forze del nostro animo, la sentimmo necessaria come l’aria al respiro, come lo spazio al movimento”.
Dopo il 25 luglio del 1943, Fausto Gullo è parte attiva della ricostruzione del paese. È nominato ministro dell’Agricoltura nel governo Badoglio. Da quel dicastero continua le battaglie che aveva iniziato venti anni prima contro il latifondo, per la distribuzione delle terre ai contadini e per una divisione più equa dei raccolti. Questo impegno gli valse l’appellativo di ministro dei contadini con il quale ancora oggi è ricordato. Eletto membro dell’assemblea costituente nel 1946, fu ancora ministro dell’Agricoltura e poi sostituì Palmiro Togliatti alla guida del ministero della Giustizia dopo l’approvazione della controversa amnistia per i crimini perpetrati dai fascisti.
Rappresentò la Calabria in Parlamento ininterrottamente fino al 1972.
Fu anche il primo segretario regionale del PCI. Sempre capolista del PCI in Calabria anche quando venne a dirigere il partito in Calabria uno dei massimi dirigenti nazionali: Mario Alicata. Solo nel ‘68 fu sostituito nel suo ruolo di capolista dal segretario nazionale Luigi Longo. Terminata l’attività parlamentare non rinunciò all’impegno politico. Merita di essere ricordato quello a favore del divorzio che lo vide presidente della Lid (Lega italiana per il divorzio). Molti degli aspetti del suo impegno meriterebbero ancora oggi uno studio. Ed è meritorio che il suo patrimonio culturale e politico sia stato conservato dai nipoti Fausto, Docly e Pierette, e dal suo pronipote Luigi che hanno dato vita alla biblioteca intitolata a Fausto e anche a suo figlio il grande avvocato Luigi Gullo.
Del rapporto tra Fausto Gullo e Pietro Mancini ho accennato. Entrambe allievi di Labriola. Poi compagni nel PSI, antifascisti, insieme al confino. E poi ministri nello stesso gabinetto. E infine colleghi nell’assemblea costituente e poi in Parlamento. Luigi, il figlio di Fausto, iniziò la sua folgorante carriera forense nello studio di Pietro Mancini e insieme patrocinarono tra gli altri i famigliari delle vittime della strage di Portella della Ginestra nel celeberrimo processo di Catanzaro. Insomma una storia di lotte e anche di rapporti personali che a cinquant’anni dalla scomparsa di Fausto Gullo intendo ricordare e insieme alla straordinaria figura di Fausto Gullo lui onorare anche a beneficio delle nuove generazioni.
Fonte: Fondazione Giacomo Mancini